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2012

Cesenatico

  • Cesenatico
  • II Convegno ISTIAEN


II° Convegno Nazionale di Archeologia, Storia e Etnologia Navale

Il patrimonio marittimo e fluviale italiano

Cesenatico, Museo della Marineria, 13-14 aprile 2012

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Piroghe e zattere nella Preistoria

“Permanenza delle tradizioni preistoriche nelle pratiche di navigazione delle popolazioni contemporanee”


La mia lunga ed appassionata consuetudine con documenti ed esperienze pratiche nel campo che questa Mostra vuole illustrare, mi hanno indotto a mettere insieme gran parte del materiale che ho qui raccolto e che, soprattutto con l’esposizione di modelli in scala, si propone di mettere in evidenza più che con una generica ostensione di manufatti “in tre dimensioni” o di illustrazioni l’assunto esposto con il titolo, vale a dire la dimostrazione che zattere, piroghe e quant’altro l’Uomo ha usato per varcare fiumi o addirittura per inoltrarsi sul mare risponde oggettivamente a quello che più o meno contemporaneamente si è andato sviluppando in tutte le parti del mondo, ad opera delle diverse popolazioni primitive che hanno inaugurato la vita umana su questa Terra, con una identità sicuramente dimostrabile.

Si può senz’altro immaginare che l’Uomo si sia trovato fin dalla notte dei tempi nella necessità di varcare un corso d’acqua o quanto meno di attraversare un acquitrino o un qualsiasi ostacolo liquido senza poter approfittare di un albero abbattuto per cause naturali a formare una sorta di ponte.  Niente di più ovvio che impadronirsi di un tronco trovato sul terreno o abbattuto di proposito e salirvi sopra a cavalcioni, dando così il via all’impiego di un mezzo galleggiante che formasse il primo gradino della lunghissima scala della tecnica “navale” che noi lontanissimi posteri non abbiamo ancora finito di salire.

Per un primo perfezionamento di quello estremamente rozzo galleggiante si rese necessario creare utensili via via più raffinati e razionali. Scavare nel legno per dare una concavità al tronco richiese l’uso di lame di selce, di ossidiana, di corno, di conchiglia. Si inventarono alcuni strumenti essenziali quanto inediti come il trapano ad archetto, con o senza volano, di cui sappiamo che si cominciò a disporre fin dal XVI secolo a.C. nei più diversi luoghi.

Alcune delle popolazioni preferirono fare uso di zattere anziché di tronchi scavati, quelli che presero il nome di “piroghe”, e fu necessario creare dal nulla la tecnica di torcitura delle fibre vegetali per legare assieme i tronchi per formare una piattaforma capace di galleggiare e di resistere all’usura ed ai colpi delle onde, nonché dei nodi con cui bloccarli utilmente.

Studiare l’evoluzione di questi natanti, la tecnica di costruzione, il loro impiego, è stato mio gradito compito fino ad ora attraverso le tracce che quelle popolazioni hanno lasciato, purtroppo raramente, nel terreno, nonché consultando quello che esploratori, missionari, archeologi hanno visto coi loro occhi e ne hanno lasciato copiose tracce sui loro scritti, riconoscendo un indubbia parentela con le origini remote di cui parlavo con quello che popolazioni arretrate dei nostri giorni continuano tuttora  a praticare così come gli sono stati trasmessi lungo una interminabile staffetta di usi e costumi che noi ovviamente più “evoluti” abbiamo interrotta ormai da millenni.

Leggendo il libro sulla popolazione contemporanea dei Parima del missionario piemontese don Luigi Cocco, trovo che gli indigeni, ove non possano attraversare corsi d’acqua su tronchi abbattuti, proprio come dicevamo si costruiscono tuttora imbarcazioni, ma anziché scavare il legno massiccio ricavando da alcuni alberi che lo consentono larghi fogli di corteccia ( staccati un tempo con l’aiuto di lame di pietra, oggi con il machete ma la sostanza non cambia) da cucire poi con fibre vegetali nei punti opportuni, ed usando per calafatare le giunture bitume, resina o fango a seconda della disponibilità, avendo altresì l’avvertenza di portare appresso una scorta di questa mistura per rimpiazzare quella che si dovesse sciogliere nel tragitto.

Zattere, piroghe e simili hanno permesso a quelli che possiamo ormai definire popoli di navigatori, e non più soltanto cacciatori-raccoglitori, di attraversare corsi d’acqua anche di grandezza estrema come gli oceani. E’ interessante vedere attraverso i modelli l’evoluzione e la varietà delle tipologie che tali popoli hanno messo in campo, riconoscere le enormi difficoltà che essi hanno incontrato nel creare dal nulla gli utensili che hanno usato per scavare i tronchi o le tecniche più adatte per legare utilmente e saldamente i tronchi assieme e farne zattere, per non parlare delle soluzioni spesso geniali per attrezzare queste primordiali imbarcazioni di organi di spinta, quali remi vele o quant’altro.  Accade però spesso che anche tra modellisti esperti e scrupolosi non ci si renda conto di quanta genialità i nostri remoti progenitori abbiano dato prova nell’attuare innumerevoli soluzioni degne di essere catalogate nell’ambito di quell’ingegneria navale nata e sviluppata secoli e secoli dopo di loro, ma spesso da loro ispirata e altrettanto spesso ammirata.

La mostra vuole appunto mettere in risalto la genialità che quei progenitori hanno saputo sviluppare, e questo lo si fa osservando i modelli esposti partendo dai più semplici, come la zattera da un solo tronco a due o più tronchi legati, o di tronchi di rami intrecciati e legati assieme con fibre vegetali, in alcuni casi con l’aiuto di pioli conficcati  tra i tronchi per tenerli uniti e renderle più rigide e resistenti.   Dimensioni, forme e rifiniture diverse a seconda delle etnie preistoriche ( o anche contemporanee) possono variare da un luogo all’altro, da un continente all’altro, ma la sostanza  strutturale non cambia ed il natante che ci pare diverso dagli altri è sempre comunque fratello di quello espresso da popolazioni anche assai distanti tra loro, il che vuol dire che l’uomo pur appartenendo ad etnie diverse arriva alle medesime conclusioni dei suoi consimili.

L’insieme dei modelli esposti è un prodotto di una lunga ricerca su manuali, cataloghi, articoli tecnici, documenti,nonché frutto di proficui scambi di conoscenze con colleghi modellisti e soprattutto archeologi del settore, persone che si limitavano ad osservare e riferire, oppure disegnarono o fotografarono immagini magari destinate a conservare l’aspetto di oggetti destinati a scomparire e nella migliore delle ipotesi a restare visibili e imbalsamati in una teca di museo,  non già come del caso di una mostra itinerante come questa che ne spiega l’evoluzione, l’inserimento in un determinato ambiente, le fasi evolutive della sua creazione.  Mi sono sforzato qui di spiegare le tecniche costruttive di ciascun esemplare : scavo a secco o con l’aiuto del fuoco ; guarnitura del galleggiante con apparati abitativi, predecessori di tughe, cabine e così via; di sovrastrutture per l’installazione di una sia pur primitiva velatura ; eccetera.  Questo grazie al modellismo che mi permette di illustrare “in tre dimensioni” come dicevo poco fa quello che il disegno o la fotografia non possono certo rendere con altrettanta efficacia.

Tra i modelli esposti possiamo constatare facilmente come la piroga rappresenti lo stadio più avanzato rispetto la zattera, essendo questa diretta discendente dal tronco primitivo su cui  “navigare” in precario equilibrio.  Probabilmente il nostro Progenitore ha intuito con facilità che legando assieme due o più di quei tronchi l’uso del natante sarebbe risultato abbastanza più comodo e soprattutto più stabile, ed ecco nascere appunto al zattera.  Viceversa per quanto riguarda la piroga l’intuito non sarebbe bastato a suggerire lo scavo di un tronco per creare un guscio galleggiante e “abitabile”, e non solo : gli utensili atti a permettere lo scavo, asce, coltelli e quant’altro di necessario all’improvvisato carpentiere erano ancora la da venire.

Ecco poi una dimostrazione di quanto il campo dell’architettura navale sia stato sin dal principio vasto ed interessante: zattere, canoe, piroghe monoxili con doppio o triplo scafo, a singolo bilanciere o doppio, con vela, doppia vela ; con dimensioni che variano da pochi metri alle decine, con ponti sovrapposti per trasportare persone e cose attraverso laghi e addirittura oceani; con vele di forma  e tecnica diverse : latine,quadre,rettangolari,di granchio, ellittiche, che pian piano hanno curiosamente indotto le popolazioni meno avanzate a prendere in prestito forma e tecnica di funzionamento e le hanno spinte a salire la scala dell’evoluzione con una provvidenziale accelerazione.

Estremamente interessante nella mostra ecco infine una serie di modelli riguardanti piroghe preistoriche che sono la riproduzione di manufatti visibili nel Museo di antichità di Torino, fortunosamente recuperati dagli archeologi nel fiume Tanato, nel Lago di Bertignano, un ultimo modello non ancora recuperato presso le rive del Po a Spinadesco, e la riproduzione dell’ultima piroga costruita per la pesca nella zona triestina lo “Zoppolo”  .  E per finire il racconto della mostra la prossima evoluzione in due modelli una di origine fenicia  e una greca ad assi legate .

 

Relazione di

Roberto Lattini

Modellista e ricercatore navale