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Mostra al Palazzo del Turismo di Cattolica

24 maggio - 5 giugno 2011



Zattere e Piroghe di popoli preistorici e

indigeni attuali

( a cura di Roberto Lattini)


Zattere e Piroghe di Popoli Preistorici e Indigeni attuali

Relazione del modellista e ricercatore Roberto Lattini


La Mostra tratta la connessione tra il presente e il passato. Attraverso i dati raccolti dagli esploratori, i missionari , i navigatori , negli ultimi tre secoli e allo studio di alcuni ricercatori appassionati di imbarcazioni arcaiche e bistrattate quasi sempre dalla maggior parte di coloro che si interessano di marineria , ho potuto creare questa mostra. L’approccio alla conoscenza delle imbarcazioni indigene, mi ha permesso di collegare il tipo di tecnologia usata per la costruzione di queste imbarcazioni alla Preistoria, attraverso le scoperte archeologiche e i loro studi sulle piroghe ritrovate e sui siti palafitticoli anche dell’età della pietra. Lo studiare la tecnica costruttiva e i loro utensili che gli indigeni attuali usavano, davano l’idea di come poteva essere la Preistoria . L’uso di asce con lame in selce , ossidiana , corno o conchiglia , altrettanto per coltelli, e pochi altri strumenti come il trapano a volano o ad archetto, mi davano la dimensione di cosa potevano costruire i nostri antenati. Essendo gli indigeni scoperti intorno al XVI sec., usare tali strumenti, senza altra tecnologia moderna come quella attuale, senza l’uso dei metalli, potevano dirsi i pronipoti dei preistorici ancora in vita.
A seconda dei luoghi di scoperta esplorativa , la tecnica costruttiva seppur similare cambiava con la costruzione delle imbarcazioni, sia che fossero zattere o piroghe. In sostanza ogni popolo o tribù costruiva la sua imbarcazione a secondo il suo uso e costume, nello svolgere la mia ricerca intorno al mondo attraverso gli occhi di navigatori , esploratori, missionari e archeologi che più fortunati di me hanno potuto vedere con i propri occhi queste meravigliose imbarcazioni che per molti possono sembrare di poco valore tecnologico a dispetto dei grandi Vascelli , alle Biremi greche, alle Onerarie romane , alle barche da pesca del Mediterraneo, ho colto invece la bellezza di zattere , piroghe cloracle e barche cucite e la loro diversità attraverso i secoli e luoghi e come un seguace salgariano ne ho studiato i documenti che come ho già citato mi hanno lasciato quei pochi studiosi che le hanno descritte. Grazie al Cap. James Cook, all’Ammiraglio Paris , al Cap. Vittorio Bottego , a Jean Neyret , Renzo Milanesio , a Biorn Landstrom , a Thor Heyerdahl e tantissimi altri che dovrebbero essere citati ma per spazio non ne ho la possibilità ma sono nei miei pensieri, ho creato questa modesta mostra di zattere e piroghe. Dal semplice tronco comincia la nostra avventura , l’uomo secondo molti ricercatori ed archeologi hanno ipotizzato che fu il primo tipo di natante della storia, con esso l’uomo ha attraversato fiumi e laghi, fattibile lo è pratico non molto, ma teniamo buona questa ipotesi e cominciamo a creare il futuro remoto della navigazione. Il passo successivo molto più probabile è quello che l’uomo con il poco che aveva a disposizione di tecnologia usasse la semplicità nel costruirsi il passaggio attraverso i fiumi, leggendo il libro sui Parima di Don Luigi Cocco noto missionario Piemontese, gli indigeni poco inclini all’acqua preferivano trovare soluzioni come tronchi abbattuti per attraversare i torrenti, ma all’occorrenza dove non fosse possibile costruivano un tipo si natante con la corteccia di un albero di grosse dimensioni , scortecciandolo come si toglie la pelle ad un pollo bollito, si intacca per la lunghezza del tronco la corteccia e con l’uso di lame di pietra levigata (ora con i Machete) si stacca per la lunghezza la corteccia raschiandola dal tronco nella parte interna , una volta toltasi tagliano due lembi per lato delle sommità si piegano e si cuciono in modo da chiudere la poppa e la prua del natante, e con del bitume di fango si da una certa calafatura all’interno in modo che non imbarchi troppa acqua, portandosene dietro un po’ per rabboccare quella che si elimina durante l’attraversata. Certo oltre l’aiuto degli utensili , l’intreccio e la fonte primaria della tecnologia senza di esso l’uomo non avrebbe nemmeno cominciato l’avventura di crescita della sua evoluzione sarebbe rimasto un raccoglitore, per costruire utensili bisogna essere padrone dell’intreccio, con esso corde tele, e l’ immanicatura degli utensili davano la possibilità di creare nuovi oggetti di uso quotidiano e migliorare la costruzione di nuove imbarcazioni. La mostra come ho già citato parte dal tronco e si evolve secondo uno schema di crescita della zattere con il tronco semplice di rami legati , al doppio tronco e al doppio tronco di rami, portando le zattere ad avere da tre a sette e più tronchi legati con fibre vegetali intrecciate con l’ausilio di pioli conficcati tra un tronco e l’altro o tra tronchi di rami legate tra loro con corde vegetali o di radici o di liane, le loro forme si sono poi evolute e differenziate a seconda delle esigenze o culture delle tribù che le hanno costruite, a miglia e miglia di latitudini diverse spesso si incontrano zattere simili, questo non vuol dire che si abbiano copiati ma che sono giunti ad una stessa conclusione costruttiva nonostante l’immensità della distanza, l’uomo qualsiasi sia di razza differente arrivava alle stesse conclusioni costruttive. Nella sua evoluzione la mostra prosegue con le Piroghe , in questa fase mancano come collegamento le barche di rami a cesta così dette Cloracle , e a mia modesta ipotesi è il collegamento tra zattera e piroga . La Piroga tecnologicamente è uno stadio più avanzato rispetto alla Zattera, perche l’idea in per se stessa non è di facile realizzazione all’inizio della preistoria lo scavare un tronco non viene per intuito ma per ragionata progettazione attraverso l’osservazione e l’uomo da buon osservatore ne ha colto l’idea e l’ha trasformato nel più bel natante che la storia potesse creare con una sua semplicità e con una creatività nel diversificarla a seconda dei luoghi e dei Popoli. Monoxile , doppio – triplo scafo, a bilanciere, a doppio bilanciere , con vela , doppia vela, dimensioni che variano dai pochi metri due a piroghe lunghe sino a settanta , con ponti sovrapposti per trasportare persone e cose in grandi viaggi Oceanici , con doppie piroghe unite da piattaforme con annessa addirittura una capanna o più come rilevate dal Cap. Cook nei sui viaggi di esplorazione nell’Oceano pacifico. Con vele di ogni tipo dalla quadra a quella rettangolare, a chela, ellittica, con un boma e via discorrendo con varie altre forme che negli untimi secoli con l’avvento delle grandi esplorazioni hanno dato un suggerimento tecnologico agli indigeni che se ne sono subito appropriati aggiungendolo al proprio patrimonio conoscitivo. Si conclude la mostra con due modelli, copie di piroghe esposte nel Museo di Archeologia e antichità di Torino , recupero sul Fiume Tanaro e sul Lago di Bertignano in Piemonte, e oggetto di studi del Prof. Luigi Fozzati , e progetto di piroga o barca ad assi cucite sul disegno tratto dai vasi greci che raffigurano una barca che a seconda dell’epoca di ritrovamento di tali vasi alcuni ricercatori hanno ipotizzato in piroghe, barche corinzie e biremi , questo a seconda della datazione del vaso , ma molto similare tra essi dal disegno in epoche differenziate.

 

(galleria fotografica, che può essere navigata con i tasti direzionali della tastiera)